Il rifiuto di mangiare da parte d'un
bambino suscita sempre nei genitori una grande ed intensa
preoccupazione. Spesso si mobilita l’intera famiglia per cercare i
consigli di conoscenti ed esperti, in primo luogo pediatri e
talvolta anche psicologi.
La situazione più grave che si possa
presentare è quella d'una anoressia vera e propria, ossia un
rifiuto totale del cibo, ma è un fenomeno abbastanza raro in età
infantile dove per lo più si trova legato a disturbi mentali gravi.
Su un gradino intermedio si possono
collocare tutte quelle forme d'anoressia che si presentano in
occasione di cambiamenti del regime alimentare come nello
svezzamento, in periodi di malattia, in fasi di grandi cambiamenti
di vita come traslochi o affidamento ad altre figure d'accudimento.
Molto frequenti e diffusi sono
l’eccessiva selettività nei confronti dei prodotti alimentari, ad
esempio un bambino che mangia solo due o tre tipi di cibo, e la
difficoltà ad accettare i nuovi sapori.
In ognuna delle tre situazioni è
importante rivolgersi al pediatra affinché suggerisca le tecniche
nutrizionali più adeguate, qualora il problema dovesse essere
particolarmente complicato e fonte d'eccessiva ansia per i genitori
ci si può rivolgere ad uno psicologo.
Richiedere una consulenza psicologica
permette, nel tempo d'un breve numero d'incontri, d'inquadrare il
problema e le dinamiche relazionali, pianificare e sperimentare
delle strategie d'intervento risolutive.
L’alimentazione ha una grande valenza
simbolica: le dinamiche che si attivano tra bambino e figura d'accudimento al momento del pasto, lasciano infatti filtrare
sentimenti, emozioni e credenze reciproche che creano i modelli
mentali del bambino, ossia gli “occhiali” attraverso i quali
guarderà se stesso ed il mondo che lo circonda.
I problemi più frequenti alla base del
rifiuto del cibo ruotano attorno ad un ipocoinvolgimento o ad un
ipercoinvolgimento delle figure d'accudimento in merito
all’alimentazione: alcuni adulti possono mostrarsi imprevedibili e
ignorare spesso i segnali di richiesta del cibo, altri possono
vivere con molteplici forme d'ansia tutto ciò che riguarda il cibo
che può addirittura diventare l’unico canale di comunicazione
affettiva. In altri casi lo scambio nell’atto alimentare è il
terreno dove l’adulto gioca il controllo e il potere a scapito del
riconoscimento delle peculiarità proprie del bambino. Ovviamente
anche le naturali predisposizioni temperamentali del bambino possono
avere un ruolo nella creazione di problematiche alimentari, ma è
compito dell’adulto assumersi la responsabilità di capire cosa
succede e perchè, modificare i propri comportamenti per risolvere
positivamente la situazione.
Manuela Marcucci, psicologa psicoterapeuta, Roma |